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19 marzo 2008

Sulle note dell'invidia

Non fa male solo psicologicamente, ma anche materialmente. Tra donne, e pure soprani, l’invidia può diventare terrificante». Lo racconta Silvana Moiso, soprano e maestro di canto al conservatorio di Torino.
«Quando ebbi il primo figlio – continua – qualcuno disse in giro che mi ero ritirata. Una voce del genere può danneggiare profondamente la vita professionale di un artista».

A volte sembra difficile distinguere tra sabotaggi e goliardia, ma un soprano ne ha di aneddoti da raccontare: «Era il 1975 e sostituivo Renata Scotto nella Bohème – ricorda Moiso – alla fine del primo atto dovevo chiudere in do, in duetto col tenore, che in quell’occasione era Ottavio Garaventa. La nota deve essere tenuta fino all’uscita di scena. Beh, appena fuori dalla vista del pubblico, il tenore mi ha tappato la bocca con uno schiaffo perché non potessi tenere la nota più a lungo di lui».

In una piccola aula di prova lungo la galleria degli strumenti al primo piano del conservatorio, Silvana Silbano, anche lei maestro di canto, è circondata dei suoi studenti: «Ci sono persone che non sanno accettare i propri limiti – precisa – è da qui che nasce l’invidia, è un sentimento tanto infantile... ma a volte può anche rovinarti la carriera».


Se le mura del Teatro Regio o dell’auditorium Rai sembrano avere più di qualche storia da raccontare, tra i corridoi del conservatorio di Torino sembrano non spirare i venti dell’invidia: «Da noi solo sana competizione», è l’affermazione corale di Mauro Bouvet, professore di armonia e analisi, e Daniela Carapelli, maestro di pianoforte.
Il confine tra l’invidia e la sana competizione è spesso sottile, ma a guardare i giovani che entrano ed escono dal portone che dà su via Mazzini non si può dar torto agli insegnanti: tutti si salutano di fretta ma senza dimenticare il sorriso, si fanno coraggio l’un l’altro mentre attendono impazienti i voti degli esami. Guardano con riverenza e rispetto i loro maestri, che a loro volta li salutano affettuosamente.

«Quando si parla di invidia – dice Bouvet – si pensa a gesti scorretti, a dispetti fatti per evitare che qualcuno arrivi dove noi non riusciamo ad arrivare, ma di atti del genere nel nostro conservatorio non ho memoria». Al di fuori è invece luogo comune pensare che nel mondo dello spettacolo dispetti e sabotaggi siano all’ordine del giorno, forse per un’innata tendenza ad amplificare i difetti di ciò che ci sembra lontano: «Gli episodi che eventualmente si possono verificare in conservatorio – ridimensiona Carapelli – sono più che altro piccolezze che riguardano la vita di tutti i giorni, né più né meno di quello che accade nelle altre scuole o all’università».

Né c’è invidia tra chi si vede economicamente più sfortunato e chi problemi economici invece non ne ha: «Esistono lasciti testamentari, dedicati a certi strumenti, che permettono di offrire borse di studio o agevolazioni economiche a chi presenta notevoli doti musicali», ricorda Carapelli.
Per i loro docenti, insomma, i giovani aspiranti musicisti del conservatorio di Torino non sono animati da un istinto al sabotaggio, ma al contrario da una forte ammirazione per gli studenti più avanti negli studi. Chi entra in conservatorio, poi, fa già parte di una selezione e sceglie di studiare musica parallelamente ad altri percorsi formativi. Motivo in più per non aver tempo per l’invidia.

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