«Ciò che è formidabile nel lavoro di Donnellan è che ci lascia vivere, la regia viene da noi». Andromaque è stato un lavoro di squadra, parola di attori. Tutti concordi nel ribadire l’assenza di un disegno prestabilito e di una smania di perfezione, i protagonisti della pièce di Racine hanno sottolineato alcuni degli insegnamenti del loro regista: «Non ripetete frasi ‘morte’, ma reinventate ogni giorno il vostro ruolo perché ogni volta il teatro sia vero», «Recitate come se aveste sbagliato copione». E così Ermione crede davvero che riuscirà ad avere Pirro, perché lei non conosce la fine della storia, vive nella speranza di ottenere ciò che vuole e allora, di scena in scena, spera, si illude, piange amara disillusione ma di nuovo, lotta perché ciò che desidera accada. La caratterizzazione di ogni personaggio è avvenuta per tappe, nessun copione già scritto né burattini al soldo del regista, ma un gruppo di attori messi nella condizione di trovare la propria personale strada per essere Andromaca, Ermione, Astianatte. In fondo, parola di Donnellan, «Non bisogna mai fidarsi del regista».
pubblicato su Apart #5/07
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30 ottobre 2007
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