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16 aprile 2008

Sette vite per un pc

Più di dieci anni con lo stesso pc? È possibile. Lo dimostra l’esperienza dell’Itis Majorana di Grugliasco, il cui laboratorio linguistico (foto in basso) funziona con dei Compaq Presario 5352, processore Celeron a 433 Mhz, 128 Mb di Ram e Windows 98 come sistema operativo. Per farsi un’idea: i desktop in commercio dalla fine del 2007 montano processori a 1,60Ghz di media e minimo 1 Gb di Ram, ovvero 10 volte tanto, mentre uno smartphone funziona con un processore a 624Mhz e almeno 128 Mb di Ram.

Nonostante questo il laboratorio linguistico del Majorana non si fa mancare nulla per quanto riguarda la didattica: i computer possono riprodurre dvd e cd-rom per lo studio delle lingue, hanno office, un programma di registrazione digitale e sono connessi in rete. Certo non hanno l’ultima versione dei sistemi operativi né i programmi più performanti, ma non cadere nella tentazione del consumismo informatico ha permesso all’Itis di Grugliasco di evitare il cambio periodico dei pc (con un risparmio stimato in circa ventimila euro in dieci anni) e i costi legati all’assistenza tecnica.

Tutto ciò è stato possibile grazie a dei componenti aggiuntivi a basso costo che hanno "congelato" la dotazione software (con programmi come Deep Freeze di Faronics) e impediscono inoltre qualsiasi operazione di scrittura sul disco rigido (come la Magic Card di Rogev o la Recovery Card di Incomedia). Così i pc si conservano come nuovi venendo ripristinati ad ogni avvio, parola di Dario Zucchini, responsabile tecnico dell’Itis.

Il Majorana di Grugliasco certamente non è l’unica scuola che si è posta il problema del riuso di pc obsoleti, né il metodo usato è valido per tutti i computer in tutte le situazioni. Il punto sta nel capire cosa significa "recuperare" e "riutilizzare" la tecnologia. In uno dei post del blog "Il doposcuola" (blog.dschola.it) Marco scrive: «Recuperare significa poter continuare ad usare in modo congruente con i propri obiettivi intellettuali, culturali, didattici, formativi, a prescindere da (oziose) questioni tecniche e senza dover dipendere da enti, procedure, certificazioni, validazioni, assistenze esterne».

Anche l’uso della tecnologia, insomma, deve diventare cosciente e responsabile, perché il problema non è solo economico, ma diventa anche ecologico. Per questo si diffondono sempre più associazioni e cooperative che si occupano del recupero di materiale informatico ancora funzionante o del suo smaltimento, come fa ad esempio la Cooperativa Sociale Arcobaleno di Torino con il progetto Transistor dedicato alle aziende.

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